Uno studio statunitense ha constatato che alcuni tipi di batteri sono maggiormente resistenti nei confronti degli antibiotici.
Scopriamo i motivi dell’adattamento e le basi della ricerca.
I batteri sono microrganismi normalmente presenti sulla pelle e sulle superfici. Alcuni svolgono un ruolo significativo per le nostre difese immunitarie e metaboliche, e costituiscono il microbiota intestinale. Altri, quelli definiti patogeni, sono nocivi per la nostra salute e possono creare danni non indifferenti.
Uno studio condotto alla Carnegie Mellon University in Pennsylvania da Shiladitya Banerjee si è dedicato all’analisi del comportamento di questi organismi minuscoli, mettendo in luce la resistenza dei batteri agli antibiotici.
Alcuni tipi, secondo la ricerca, si adattano più facilmente all’esposizione a lungo termine agli antibiotici modificando la propria forma. Ecco perché esistono specie di batteri che con il tempo sono state sempre più in grado di adattarsi agli ambienti circostanti e a resistere ai trattamenti farmacologici.
Dalla loro scoperta, gli antibiotici hanno permesso alla specie umana di allungare la propria propria vita e migliorarne la qualità, ma non mancano casi in cui questi farmaci, usati inadeguatamente, abbiano portato a danni e addirittura alla morte di migliaia di persone.
I processi cellulari studiati da Banerjee riguardavano principalmente il batterio Caulobacter crescentus, di cui è stata osservata la crescita e la morfologia. Secondo la fisica il cambiamento della forma delle cellule rappresenta una strategia di feedback volta, per l’appunto, a rendere i batteri più resistenti agli antibiotici nell’organismo.
I batteri, quando esposti agli antibiotici, e in particolare al cloramfenicolo, per parecchio tempo, cambiano la loro forma diventando più larghi e curvi.
Grazie a questo processo diventano in grado di superare lo stress dovuto al farmaco e continuano a crescere in maniera rapida. Dunque un’importante scoperta per la salute del corpo umano, che richiederà ulteriori ricerche.