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Per vitamina D si intende un gruppo di pro-ormoni liposolubili la cui fonte principale per l’essere umano è l’esposizione alla luce del sole e alcuni, pochissimi, alimenti.
Le più importanti per l’organismo umano sono le vitamine D2 e D3.
La vitamina D ha numerose funzioni biologiche, tra cui aumentare l’assorbimento intestinale dei minerali (calcio, magnesio e fosforo), regolazione del metabolismo osseo, difesa immunitaria.
In Italia si stima che l’80% della popolazione ne sia carente e che l’insufficienza di vitamina D interessi circa la metà dei giovani italiani nei mesi invernali.
L’avanzare dell’età, come anche particolari condizioni ormonali (menopausa, gravidanza, allattamento) e la protratta mancanza di esposizione al sole, portano ad una carenza di vitamina D che necessita di un supplemento per rientrare nei livelli ottimali.
Una carenza di vitamina D può causare diverse alterazioni all’organismo:
Uno studio americano condotto su alcune centinaia di persone con età media di 76 anni, ha rilevato che persone con livelli bassi di vitamina D hanno un rischio maggiore di ammalarsi di Alzheimer.
Questo studio si è basato su un osservazione dei soggetti lunga 5 anni ed i suoi risultati hanno evidenziato che la carenza di vitamina D negli anziani è fortemente correlata al declino cognitivo accelerato ed alla perdita di memoria tipici di Alzheimer e demenza.
Nelle persone con carenza di vitamina D infatti il declino cognitivo è avvenuto in media da due a tre volte più velocemente rispetto agli altri soggetti.
Rispetto a coloro che presentavano valori di vitamina D nella norma, i soggetti che mostravano carenze lievi hanno fatto registrare un rischio superiore del 53% di sviluppare demenza mentre la percentuale saliva fino al 125% in caso di carenze gravi.
Analogo l’andamento per quanto riguarda l’Alzheimer, con percentuali del 69% e del 122%.
Sembra inoltre che rischio di alzheimer sia più alto per persone con la pelle più scura, in cui la concentrazione di melanina non permette il corretto assorbimento dei raggi solari. Negli ultra sessantenni il rischio aumenta per qualsiasi soggetto con carenza di vitamina D.
La carenza di vitamina D è, infatti, associata ad un aumentato rischio di malattia di Alzheimer per aumento della beta-amiloide (Aβ), cioè la proteina principale componente delle placche degenerative presente in molte malattie neuro-degenerative.
Sembra infatti che la vitamina D funga da “trasporto” per questa proteina per cui, se carente, la proteina si accumula formando placche amiloidi (ostruzioni) negli spazi fra le cellule nervose nelle aree del cervello preposte alla memoria e altre funzioni cognitive.
L’esposizione solare attiva un processo in due fasi che genera vitamina D3 (colecalciferolo), per ottenere sufficiente vitamina D dalla luce solare, c’è bisogno di esporsi per circa 1500 ore nel periodo che va dalla tarda primavera all’inizio dell’autunno, quando il sole è più forte.
Tuttavia, la luce solare da sola non basta a fornire sufficienti quantità di vitamina D3.
I ricercatori hanno cominciato a studiare i vegetariani nel mondo per scoprire se ottengono sufficiente vitamina D.
Oltre il 50% della popolazione mondiale non ne ha abbastanza. La carenza di vitamina D è un problema che potrebbe essere ancor più significativo per vegani e vegetariani: in una dieta vegetariana tipica, la vitamina D naturale si trova in quantità minime e un integrazione di vitamina D3 sarebbe quindi consigliabile.
Prediligere quindi un alimentazione bilanciata contenente alimenti che apportino vitamina D al nostro organismo:
– La vitamina D2, di origine vegetale, si trova principalmente nei lieviti, in alcune alghe e in alcuni funghi, per esempio lo Shiitake.
– La vitamina D3, invece, si trova soprattutto nel latte vaccino e nei sui derivati, nell’olio di fegato di merluzzo, salmone, tonno, sardine, fegato di manzo e nel tuorlo d’uovo.
Il fabbisogno di vitamina D varia secondo il seguente schema: