Le cure non mancano, eppure non si guarisce.
È il paradosso del mieloma multiplo, il secondo tumore ematologico per diffusione. Una neoplasia che colpisce soprattutto gli anziani e la cui incidenza, per questa ragione, è in continuo aumento come conseguenza dell’allungamento della vita media. Ecco la cura più adatta e funzionante per il mieloma multiplo.
Per il mieloma multiplo oggi c’è un’ulteriore opzione di cura che aiuta a compiere un passo avanti per portare, se non alla guarigione dalla malattia, almeno a una sua cronicizzazione, allungando sempre di più il tempo senza recidive con una migliore qualità di vita.
È infatti disponibile in Italia una nuova terapia grazie all’Isatuximab per il trattamento delle forme di mieloma multiplo recidivate e refrattarie.
Il nuovo farmaco è un anticorpo monoclonale diretto contro CD38, una proteina altamente espressa sulla superficie delle cellule del mieloma multiplo.
Si somministra per via endovenosa in combinazione con pomalidomide e desametasone a pazienti adulti che hanno ricevuto almeno due precedenti trattamenti (tra cui lenalidomide e un inibitore del proteasoma) e che hanno mostrato progressione della malattia durante l’ultima terapia.
Del nuovo trattamento si è parlato nel corso dell’evento “L’arcipelago del mieloma multiplo.
Ma cos’è il mieloma multiplo? E’ un tumore che origina da un particolare tipo di cellule del midollo osseo chiamate plasmacellule, il cui compito, in condizioni normali, è produrre anticorpi che servono a contrastare le infezioni. Quando però la plasmacellula deraglia verso la forma tumorale, comincia a replicarsi in un numero elevatissimo di copie.
Queste liberano grandi quantità di un solo tipo di anticorpo che si accumula nell’organismo. Le plasmacellule anomale possono inoltre produrre sostanze in grado di stimolare l’azione di cellule chiamate osteoclasti, il cui compito è demolire il tessuto osseo, che dunque si indebolisce.
Per il mieloma multiplo oggi esistono diverse terapie.
Tuttavia, a oggi, nessuna di esse è in grado di guarire il paziente: la quasi totalità dei malati, infatti, dopo un trattamento o un periodo di remissione, tende ad andare incontro a una ripresa della malattia. Le recidive, inoltre, sono più difficili da trattare perché tendono a non rispondono alle terapie.
Come anticipato, si tratta del nuovo trattamento con isatuximab, abbinato a pomalidomide e desametasone.
Nello studio clinico registrativo di fase 3 ICARIA-MM pubblicato su The Lancet, il nuovo regime ha dimostrato di ridurre significativamente il rischio di progressione della malattia o di morte rispetto al solo regime con pomalidomide e desametasone.
Ma i risultati finali di sopravvivenza saranno resi disponibili solo nei prossimi mesi.