Dall’inizio della pandemia di Covid, secondo gli scienziati, il virus ha subito già più di 12 mila mutazioni genetiche.
Una di quelle che sta facendo più parlare di sè è senza dubbio la variante inglese del Coronavirus. Questa mutazione del virus Sars Cov-19 è stata individuata per la prima volta alla fine del 2020 nel Sud dell’Inghilterra e ha portato all’inasprimento delle misure per il contenumento del contagio dal momento che è particolarmente contagiosa. Scopriamo quello che si conosce della variante in questione.
La variante inglese è stata individuata per la prima volta nel Regno Unito ad ottobre dal consorzio Covid-19 Genomics UK, ma si è diffuso solo a partire dalla fine del 2020. Questa variante si è velocemente diffusa in tutto il Paese e anche in altre nazioni dell’Europa tra cui anche l’Italia.
La variante presenta 17 mutazioni genetiche che possono influire sulla forma del virus, in particolare sulla proteina Spike. Questa proteina è la chiave d’ingresso che il virus utilizza per infettare le cellule dell’organismo.
Alcune di queste mutazioni sono state già isolate in laboratorio e hanno dimostrato che sono capaci di infettare le cellule in maniera più rapida. Alla luce di quanto emerso si è infatti compreso che questa variante risulta avere una capacità di trasmissione molto maggiore rispetto al Covid-19 originario nato in Cina.
I sintomi di questa variante del Coronavirus non risultano più significativi del ceppo originario. Il problema maggiore consiste nell’elevata trasmissibilità che rende molto semplice il contagio.
L’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha parlato della presenza di segni preliminare che mostrano come il virus risulti in grado di diffondersi in maniera estremanente semplice tra le persone. Gli studiosi ritengono che il vaccino anti-Covid sia comunque in grado di proteggere anche da questo nuovo ceppo in quanto la mutazione non risulta così importante da minarne l’efficacia.