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L’11 febbraio è la giornata mondiale dell’epilessia, che colpisce soprattutto i bambini.
Quelli di loro che ne soffrono, devono far fronte a 1 crisi su 3 quando sono a scuola. Nasce così l’urgenza a cui oggi numerose città italiane hanno dato risalto colorando di viola i loro monumenti, dalla Barcaccia di Piazza di Spagna a Roma, alla Mole Antonelliana di Torino, fino al Teatro Margherita di Bari.
La giornata, voluta dall’International Bureau for Epilepsy e dall’International League Against Epilepsy, ha visto come protagonisti i 600 mila malati in Italia (6 milioni in Europa) e i medici che chiedono più impegno e consapevolezza nel combattere questa patologia.
Oltre al viola, che è il colore simbolo dell’epilessia, hanno sventolato un’altra bandiera: l’hashtag #epilessianonmifaipaura, scelto dalla LICE (Lega Italiana Contro l’Epilessia), che con voce unica cerca di abbattere la barriera dei pregiudizi.
L’epilessia è un disturbo neurologico, cioè una malattia che colpisce il sistema nervoso centrale bloccando la normale attività delle cellule nel cervello. Questa interruzione può innescare convulsioni, comportamenti insoliti, o portare il malato a perdere coscienza.
Si tratta di una malattia complessa, perché ogni paziente manifesta sintomi diversi durante la crisi. Alcuni sembrano fissare un punto per alcuni secondi. Altri hanno contrazioni e spasmi improvvisi a braccia e gambe. In ogni caso, il primo obiettivo nel trattamento dell’epilessia è impedire che questi sintomi si manifestino, perché possono diventare pericolosi (persino mortali) se il paziente sta guidando, facendo sport, parlando in pubblico, eccetera.
Le crisi epilettiche generalizzate sono quelle in cui viene colpita tutta la corteccia cerebrale. Rientrano in questa categoria le crisi di assenza, per cui il paziente perde coscienza per alcuni secondi (dai 4 ai 20); è tipica dei bambini e degli adolescenti. Ci sono poi le crisi toniche, caratterizzate da convulsioni (il paziente contrae ripetutamente i muscoli senza volerlo) che si concentrano di solito sulla schiena, le braccia e le gambe.
Durante le crisi atone invece il paziente perde il controllo dei muscoli, e si lascia improvvisamente cadere. Le crisi tonico-cloniche sono le più gravi ma anche le più note, perché durano diversi minuti (5-10) e il malato passa da una fase di convulsioni violente ad una di respiro affannoso. Spesso il paziente non ha alcun ricordo della crisi quando è passata.
Le crisi epilettiche focali (o parziali) sono quelle in cui viene colpita solo una zona della corteccia cerebrale.
Possono essere complesse o semplici, a seconda che il paziente perda o meno coscienza. Anche in questo caso si verificano delle convulsioni, che però riguardano solo una parte del corpo (ad esempio, solo il braccio). Ma sono anche caratterizzate da sintomi meno evidenti, come formicolio, allucinazioni, alterazione del gusto o dell’olfatto. Alcuni pazienti iniziano semplicemente a compiere dei movimenti ripetitivi: si sfregano le mani, deglutiscono, camminano in tondo.
Circa la metà dei malati di epilessia non ha ancora scoperto la causa scatenante della loro patologia. Negli altri casi, l’epilessia è stata trasmessa geneticamente al malato, o è sorta dopo un trauma cranico, un tumore al cervello o un ictus. Nei bambini la causa può essere un’infezione durante la gravidanza, una lesione durante il parto, un disturbo dello sviluppo.
I trattamenti più usati oggi prevedono l’uso di farmaci o di operazioni chirurgiche, e riescono a disinnescare le crisi o a tenerle sotto controllo nel 80% dei casi.
L’importante è rivolgersi sempre a un medico per fare la diagnosi, perché l’epilessia è facilmente confondibile con altri disturbi neurologici. Vale a dire, i suoi sintomi sono molto simili a quelli dell’emicrania, della narcolessia e dei disturbi mentali.