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L’infezione da Clostridium difficile è una delle principali cause di malattia gastrointestinale acquisite in ospedale e viene considerata la più “costosa” tra tutte quelle nosocomiali, perché la cura richiede un lungo periodo di degenza ospedaliera e i pazienti che ne sono affetti possono essere fonte di diffusione epidemica.
Capiamone i sintomi e la terapia dell’infezione da clostridium.
Il clostridium difficile è un battere gram positivo, anaerobio, sporigeno, opportunista. E’ presente fisiologicamente nella flora batterica vaginale ed intestinale, e produce una tossina che provoca infiammazione dell’intestino e diarrea.
Quest’infezione risulta essere la causa più comune di colite pseudomenbranosa che insorge dopo terapia con antibiotici, soprattutto se ad ampio spettro o per periodi prolungati o in associazione tra loro.
Questi farmaci provocano importanti alterazioni della normale flora batterica intestinale. L’infezione da clostridium difficile tipicamente ha origine nosocomiale, si verifica nell’8% dei pazienti ospedalizzati ed è responsabile del 20-30% dei casi di diarrea nosocomiale.
I sintomi dell’infezione da clostridium difficile sono diarrea, talora ematica, che raramente progredisce verso la sepsi e l’addome acuto. Febbre, perdita di appetito, nausea e dolore addominale.
La diarrea può essere lieve e semiformata, frequente e acquosa, maleodorante.
I crampi sono frequenti, nausea e vomito sono rari, l’addome può essere discretamente dolente.
La diagnosi dell’infezione da clostridium difficile è innanzitutto clinica e deve essere sospettata in ogni paziente che sviluppa diarrea entro 2 mesi dall’uso di antibiotici o 72 ore dal ricovero ospedaliero e si conferma mediante l’identificazione della tossina nelle feci.
A volte si rende necessaria una sigmoidoscopia con evidenza radiologica di ileo o di megacolon tossico.
La tempestività e l’accuratezza della diagnosi differenziale laboratoristica con altre forme di diarrea sono requisiti fondamentali. Il trattamento si basa sul metronidazolo, la vancomicina o la fidaxomicina.
L’infezione si manifesta spesso a seguito di aggressive terapie antibiotiche e la diffusione è molto comune in ambiente ospedaliero; il batterio si trasmette per via oro-fecale, favorita anche dalla particolare resistenza del batterio nell’ambiente.
L’infezione può quindi diffondersi toccando superfici contaminate e ingerendo in seguito le spore così raccolte.
Il trattamento dell’infezione prevede in ogni caso l’utilizzo di antibiotici, sebbene particolarmente mirati a questo specifico batterio; una recente alternativa che si sta dimostrando ogni più efficace è rappresentata dal trapianto fecale.
Tra le principali norme di prevenzione è da ricordare l’importanza di lavarsi spesso e correttamente le mani, soprattutto dopo essere entrati in contatto con un paziente, e di assumere antibiotici solo se e quando prescritti da un medico.
Non esiste una dieta specifica per le infezioni da clostridium difficile, che prevede invece un’alimentazione in linea con le indicazioni per il trattamento di una qualsiasi forma di diarrea:
Abbondante consumo di acqua (ed eventuali sali minerali) per prevenire la disidratazione;
eventuale sospensione del consumo di latte e latticini con lattosio;
consumo di cereali e verdure facilmente digeribili (cottura abbondante).