Quando si parla di ipersonnia, si intende la diagnosi che raggruppa i disturbi del sonno, che sono caratterizzati da un’eccessiva sonnolenza diurna (che in gergo è chiamata ESD); una persona che soffre di questa patologia, detto paziente ipersonniaco, non riesce a rimanere attento e vigile durante l’arco della giornata, quindi può andare incontro a episodi di sonno improvviso, che non riesce ad evitare: ad esempio si può addormentare alla guida, oppure durante un pasto, o addirittura durante una conversazione; ed, oltretutto, potrebbe andare incontro alla difficoltà di risveglio mattutino.
Queste appena descritte sono le caratteristiche che caratterizzano tutte le ipersonnie, ma ne esistono, fondamentalmente, due tipi: le ipersonnie primarie e le ipersonnie secondarie; un’altra classificazione prevede una suddivisione in ipersonnia post-traumatica (dovuta, solitamente, a pregressi traumi cerebrali), ipersonnia idiopatica (quando non si capisce la causa che l’ha determinata), oppure ipersonnia ricorrente; lo specialista deve ovviamente procedere all’identificazione della causa e, dopo aver diagnosticato l’ipersonnia, procederà all’approccio terapeutico più adeguato.
Ne esistono vari tipi:
L’ipersonnia secondaria, di solito, è causata dall’assunzione di determinati farmaci e dai loro effetti collaterali, dalla presenza di tumori cerebrali, da problematiche della respirazione nel sonno, oppure da abuso di sostanze, dalla meningite e da disturbi sistemici.
La diffusione di questo disturbo è stimata e calcolata nel 5% della popolazione mondiale; fra i sintomi troviamo allucinazioni, perdita di memoria, irritazione, ansia, affaticamento fisico e mentale, disorientamento. Ma ora andiamo ad analizzare quali possano essere le cause di questa patologia; l’ipersonnia può derivare da un trauma cranico, da un’eredità genetica, dalla depressione oppure, in alcuni casi, da altre patologie come fibromialgia e uremia; oppure altri disordini quali la sindrome metabolica o la narcolessia; anche se, nella maggior parte dei casi, scoprire le cause è alquanto difficile e l’eziologia è, quasi sempre, sconosciuta.
Per quanto concerne la narcolessia, i suoi sintomi portano gli specialisti a pensare che possa essere una disregolazione del sonno, nella fase Rem, e alcune ricerche recenti, hanno messo in evidenza una marcata riduzione del liquor spinale presente in un neuromediatore, che è chiamato orexina.
La diagnosi di questa patologia, principalmente, avviene attraverso l’uso di tecniche quali la polisonnografia nottuna oppure di un test (chiamato test delle latenze multiple in sonno) in cui il paziente viene sottoposto a dei sonnellini a cadenza regolare di due ore che sono programmati.
Oltre al trattamento farmacologico, è fortemente consigliata, l’associazione di alcuni accorgimenti comportamentali: ad esempio, prima di mettersi alla guida di un veicolo, fare un piccolo riposino (anche solo di 15-20 minuti); assumere thè caffè o coca-cola, in quanto sostanze stimolanti, e poi fare risposini ogni due ore circa, di 15-20 minuti.