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Il priapismo è il termine con il quale si indica uno stato di erezione del pene involontaria per un periodo di tempo superiore alle 4 ore.
Non è un sintomo necessariamente legato all’eccitazione, ma una reazione fisiologica istitutiva del muscolo che si presenta spesso fra i ragazzi molto giovani, ma anche fra gli adulti di mezza età. Vediamo nel dettaglio di cosa stiamo parlando.
Il termine priapismo deriva da Priapo, dio greco della fertilità, figlio di Afrodite, dotato di un membro mostruosamente pronunciato sia in lunghezza che in rigidità.
Il priapismo è un’erezione patologica del pene, non spontaneamente riducibile al rapporto sessuale.
Può essere molto prolungata, anche per 6 ore e quindi molto dolorosa.
Esistono due tipi di priapismo. Il più comune è detto priapismo ischemico ed è associato all’incapacità del sangue di defluire dal pene, determinando lo stato di rigidità prolungata. Poi vi è Il priapismo non ischemico che è invece dovuto a un flusso eccessivo di sangue nel pene; la differenza, in questo caso è che il membro rimane eretto ma non rigido.
Il priapismo può anche essere associato ad anemia falciforme, leucemia, assunzione di alcuni farmaci antidepressivi o anticoagulanti, ma anche all’assunzione di alcol o droghe, traumi o avvelenamento: è il caso del morso da parte di una vedova nera.
Le cause però non sono sempre identificabili con certezza.
E’ importante che ogni uomo sappia riconoscere quest’emergenza urologica, che spesso fa i conti con l’utilizzo spesso indiscriminato, di farmaci contro la disfunzione erettile.
Nonostante le diverse forme e l’esposizione esterna a fattori di rischio, il priapismo è una condizione abbastanza rara, che riconosce una vera predisposizione. I sintomi variano a seconda dello stato di erezione o rigidità del pene.
Nella maggior parte dei casi il fenomeno si presenta tra i 5 ed i 10 anni e tra la seconda e la quinta decade di vita. Se durante l’infanzia, la causa principale è l’anemia falciforme, in età adulta il priapismo è più spesso correlato a cure o trattamenti farmacologici.
Nella maggior parte dei casi, inoltre, il fenomeno è causato da una basso flusso sanguigno; come già anticipato nel caso del priapismo venoso o ischemico, in cui l’erezione prolungata è dovuta al mancato deflusso di sangue venoso dal pene.
Il ristagno ematico all’interno dei corpi cavernosi determina l’assenza di un ricambio ematico e le cellule muscolari lisce iniziano a soffrire per la carenza di ossigeno. In più lo stato di acidosi locale, determina un aumento della viscosità ematica e ostacolo il drenaggio ematico, favorendo il mantenimento dello stato rigido.
Quando l’anossia è prolungata, la carenza di ossigeno provoca necrosi e fibrosi delle cellule muscolari; ragion per cui, questo sintomo costituisce un’emergenza urologica, da trattate preventivamente , in modo che non cresca progressivamente nel tempo.
Il priapismo venoso può essere causato da numerose malattie sistemiche del sangue, quali leucemia, anemia drepanocitica, talassemia, emofilia e altri fattori neuromuscolari con alterazione dei meccanismi regolatori dell’erezione.
Il priapismo ad alto flusso è meno comune di quello ischemico ed è legato ad un aumento del flusso arterioso nei corpi cavernosi, che non viene sufficientemente smaltito con il normale deflusso venoso. Nella maggior parte dei casi può essere provocato da un trauma genito-perineale, che può danneggiare un ramo dell’arteria cavernosa, creando in questo caso una fistola arsero-venosa.
Quando ci troviamo in presenza di priapismo a basso flusso, è necessario sottoporsi a un rapido intervento terapeutico volto a tenere sotto controllo il dolore e prevenire la disfunzione erettile; ovviamente l’intervento deve essere associato a una diagnosi corretta, per identificarne le cause e prevenire la comparsa di recidive.
Esistono strategie terapeutiche meno aggressive funzionali ai casi di priapismo più comune; vi è poi il trattamento d’urgenza del priapismo venoso che, prevede l’aspirazione di sangue dai corpi cavernosi con o senza irrigazione di fisiologica non eparinata.
Nel caso in cui il primi intervento dovesse fallire, sarà necessario procedere all’iniezione intracavernosa di simpaticomimetici: ovvero sostanze vasocostrittrici nei corpi cavernosi del pene, come fenilefrina, norepinefrina, etilefrina, epinefrina e metaraminolo.
Esistono anche medicinali che possono favorirne l’insorgenza , tra cui gli antidepressivi fluoxetina e bupropione; farmaci impiegati contro i disturbi psicotici e contro l’ansia, come il diazepam; anticoagulanti come il warfarin e l’eparina.
Prima di optare per l’intervento chirurgico, è bene ripetere più volte la procedura di iniezione intracavernosa, specie nei pazienti in cui il quadro priapico non si risolve con la terapia medica.