(Adnkronos) – Circa 400 morti per annegamento e 800 ricoveri legati a ingestione di acqua in maniera accidentale.
E' il bilancio – su circa 60mila salvataggi solo sulle spiagge marine e più di 600.000 interventi da parte dei bagnini – che torna sotto i riflettori ogni anno con l'arrivo dell'estate. Un bilancio che si è ormai stabilizzato da tempo, "dopo la decrescita notevole ottenuta rispetto agli anni '80 e '90 con politiche finalizzate a favorire la capacità di nuotare nella popolazione e che non si riesce ad abbattere ulteriormente". Una delle categorie a rischio, dopo gli anziani (dopo i 60 anni si concentra il maggior numero di annegamenti), "sono i bambini".
E l'invito è a "insegnare loro a nuotare il più presto possibile". La prima difesa. A ricordare all'Adnkronos Salute gli ultimi dati disponibili è Fulvio Ferrara, esperto dell'Osservatorio nazionale annegamenti, istituito dal ministero della Salute nel 2017 per capire le dinamiche degli incidenti in acqua. Proprio in questi giorni si è tornati a parlare di incidenti in acqua, dopo che un bimbo di 4 anni è finito in coma a Mirandola (Modena), per via di una caduta accidentale nella piccola piscina di un'abitazione privata, durante una festa venerdì scorso.
E ieri un nuovo incidente ha visto protagonista sempre un minorenne, una ragazzina di 11 anni, questa volta in un parco acquatico nel Milanese. L'11enne partita da Caravaggio (Bergamo) con altri bambini era in gita con l'oratorio ed è stata ritrovata sul fondo della piscina, soccorsa e portata in condizioni gravi in ospedale. "In generale la maggior parte di questi incidenti nel mondo avvengono principalmente nelle piscine private, dove di solito manca un controllo di tipo regolamentato", avverte Ferrara, che già l'anno scorso aveva spiegato "l'intenzione dell'osservatorio di includere questo tipo di rilevazioni".
Dati più approfonditi sulle piscine potrebbero essere disponibili nel prossimo report in arrivo. Nell'ultimo "i dati stimati mostrano che nelle piscine annegano ogni anno dalle 30 alle 40 persone". Intanto l'esperto dell'Istituto superiore di sanità spiega come, "sebbene nei Paesi occidentali" l'impatto delle morti per annegamento nei bambini "sia inferiore rispetto a diversi Paesi in via di sviluppo in cui è una vera piaga sociale, la cultura dell'insegnamento dell'acquaticità fin da piccoli andrebbe estesa ulteriormente.
E' vero che oggi i bambini vengono portati abbastanza presto ai corsi di nuoto, e questo è fondamentale perché in genere l'annegamento in questa fascia d'età avviene proprio per la scarsa capacità natatoria, ma andrebbero attivate delle campagne di informazione per la prevenzione di questi incidenti e per aumentare la consapevolezza della popolazione sull'importanza di saper nuotare, soprattutto nelle fasce deboli che in questo caso sono proprio i bambini". Tenendo presente anche che, come si segnala nell'ultimo report dell'Osservatorio, "fino a 3-4 anni anche 50-60 cm d'acqua possono essere acqua fonda".
E' importante, continua l'esperto, "che i piccoli imparino presto a nuotare, perché non saperlo fare è la prima causa di annegamento nelle fasce d'età fino agli 8-9 anni. Nei piccolissimi anche una condizione non particolarmente rischiosa può essere un pericolo, possono trovarsi a bere acqua perché vanno in panico molto più facilmente. La maggior parte di questi incidenti avviene in acque basse, perché magari il bimbo sta sul bagnasciuga, va a faccia avanti e non sa come tirarsi su.
Il bagnasciuga è un'area di grande rischio soprattutto per i bambini sotto i 2 anni". Anche in aree con piscine, le insidie per i bimbi fino a 3-4 anni d'età possono nascondersi dietro situazioni apparentemente innocue. Un opuscolo diffuso negli anni scorsi dall'Iss segnalava proprio questo: bastano "pochi centimetri d'acqua, e dai 3 ai 6 minuti per annegare". E un bimbo in difficoltà in acqua "non riesce a chiedere aiuto" il più delle volte.
Oltre a migliorare la raccolta dei dati, "è importante cercare di sviluppare una migliore informazione al pubblico sulle tipologie di rischi che esistono in certe aree" e vanno infine sensibilizzati i genitori: "Oggi si tende a far fare ai figli tantissime attività sportive, dal calcio al tennis, o corsi d'inglese e teatro, ma spesso e volentieri si dimentica il nuoto. Non saper nuotare è un problema meno percepito da parte delle famiglie rispetto ad altri rischi".
Fra i consigli che vengono dispensati dall'Iss in corrispondenza della stagione estiva ci sono anche indicazioni su questo fronte, e si spiega che per chi va al mare, al lago o in piscina è indicato "immergersi preferibilmente in acque sorvegliate dove è presente personale qualificato in grado di intervenire in caso di emergenza", "insegnare" ai bambini "a nuotare e a comportarsi in acqua in modo sicuro", cosa che "può ridurre in maniera significativa il rischio di incidenti", e ancora evitare di tuffarsi in acqua repentinamente dopo aver mangiato o dopo un'esposizione prolungata al sole ed evitare tuffi da scogliere o in zone non protette e prestare attenzione a immergersi solo in acque di profondità adeguata.
Nell'ultimo rapporto alcuni passaggi si concentrano sui rischi nelle piscine, per esempio quelle che "presentano un fondo fortemente inclinato o un pozzetto per i tuffi", aree in cui è necessaria una particolare attenzione. "La mancanza di una recinzione di uno spazio acqueo (in particolare di piscine, talora di micro piscine private) che si frapponga con l'area gioco è causa di frequenti annegamenti di bambini piccoli", si legge in un altro passaggio del report in cui si evidenzia nuovamente come insegnare a nuotare prima dei 4-5 anni sia una sorta di 'vaccino' contro questi rischi.
"Con questo non significa che un bambino diventerà immune al rischio di annegamento, ma che sarà immunizzato a questo tipo di annegamento". —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)