(Adnkronos) – "Credo che dapagliflozin sia un farmaco rivoluzionario perché, oltre ad avere ottenuto dei significativi risultati – una riduzione della morte totale del 10%, una riduzione della morte cardiovascolare del 14% e una riduzione del 29% dell'ospedalizzazione per scompenso cardiaco – questo farmaco è anche in grado di migliorare la qualità di vita di questi pazienti, che è altrettanto importante".
Così Michele Senni, direttore del Dipartimento Cardiovascolare e dell'Unità compressa di Cardiologia dell'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, professore all'università Milano Bicocca, commenta all'Adnkronos il via libera dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) a dapagliflozin, primo e unico Sglt2i (inibitore selettivo del co-trasportatore renale di sodio e glucosio) rimborsato in Italia, oltre che per il trattamento dello scompenso cardiaco cronico sintomatico, anche per il trattamento del diabete mellito di tipo 2 e della malattia renale cronica.
"Altro dato molto importante – continua Senni – è che finalmente abbiamo una classe di farmaci che è in grado di cambiare l'outcome dei pazienti, quindi la prognosi dello scompenso cardiaco", patologia che interessa "circa 850-900mila italiani ed è la prima causa di ricovero, dopo il parto naturale". Dapagliflozin "è un farmaco molto sicuro, molto ben tollerato e facile da usare – sottolinea il cardiologo – dato che è in unico dosaggio e unica somministrazione giornaliera", ma "deve essere utilizzato il più precocemente possibile.
Abbiamo visto che i risultati sono già significativi entro 2 settimane nei pazienti con scompenso cardiaco a funzione sistolica preservata ed entro un mese in quelli con frazione di eiezione ridotta". Sono "centinaia di migliaia di persone – evidenzia Senni – che fino ad oggi non avevano nessun farmaco disponibile. Ora abbiamo finalmente un farmaco che li può curare cambiando l'outcome, quindi la prognosi, morte, ospedalizzazione, morte cardiovascolare, ma anche, ed è importante, la qualità di vita.
Perché non solo bisogna far prolungare la vita dei pazienti, spesso anziani, ma anche farli vivere bene". Come è stato ricordato oggi nel corso di una conferenza stampa a Milano, organizzata da AstraZeneca, lo scompenso cardiaco, che si definisce come un'incapacità o insufficienza della pompa cardiaca a garantire l'adeguato apporto di sangue negli organi, "colpisce il 10% dei soggetti sopra i 65 anni. Il 10% della popolazione ha uno scompenso cardiaco.
Quindi – conclude Senni – è importante che vivano bene, non solo più a lungo". —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)