Nuovo studio: la sindrome da stanchezza cronica colpisce gli adolescenti più di quanto si pensasse

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Capita a tutti di provare stanchezza, soprattutto in periodi di forte stress, ma esiste una grande differenza tra la stanchezza fisiologica e la stanchezza cronica.

Nel 1990, Vivian Eisenstadt era una studentessa del secondo anno presso il Brooklyn College che amava due cose in aggiunta ai suoi studi – la bodybuilding e la pizza. Ma poi una mattina la sua sveglia si spense.

“Trovai di fatto impossibile uscire dal letto“, afferma. “Sembrava che il mio corpo fosse fatto di piombo”.

Sebbene riuscisse a trascinarsi alle lezioni durante i pochi giorni successivi, tutto ciò a cui la Eisenstadt riusciva a pensare era di rimettere a letto il suo corpo affaticato.

Ma quando lo fece, il sonno non fu soddisfacente. Si svegliò stanca quanto prima. “Dormii tutto il giorno e tutta la notte, ma mi sentivo come se non avessi dormito affatto“, afferma. “Andavo a malapena a scuola e non riuscivo a concentrarmi su niente”.

Nel corso di poche settimane, ad Eisenstadt venne diagnosticata la sindrome da stanchezza cronica, cosa che non contribuii ad alleviare lo stress che provava nel cercare di spiegare le proprie limitazioni ad altri.

Una definizione della stanchezza cronica

La sindrome da stanchezza cronica (SSC) è una condizione medica di causa ignota caratterizzata da una moltitudine di sintomi, che vanno da febbri, dolori muscolari e mal di gola a dolore articolare, perdita di memoria e stanchezza estrema.

“La parte peggiore della mia malattia fu che non avevo sintomi esterni“, afferma. “Dall’esterno, non sembrava assolutamente che ci fosse qualcosa in me che non andasse”.

La SSC potrebbe non essere una malattia evidente a livello visivo come, diciamo, la varicella, ma ciò non significa che questa malattia invisibile non giunga con una moltitudine di ripercussioni tutte sue.

E potrebbe star iniziando prima che i ricercatori se ne siano accorti.

La SSC è tipicamente ritenuta una malattia che colpisce principalmente giovani adulti come Eisenstadt, ma una ricerca recente ha rivelato che più del 2,3% dei bambini e degli adolescenti negli Stati Uniti sia a sua volta affetto da SSC. I bambini hanno più probabilità di sviluppare i sintomi della SSC quando entrano nell’adolescenza, e spesso sembrano sviluppare l’insieme di sintomi della SSC dopo un’acuta malattia simile all’influenza o alla mononucleosi, secondo i Centri per il Controllo della Malattia.

“La SSC è una malattia molto debilitante, che ha un enorme impatto sulle vite dei bambini e delle loro famiglie”. Dr Simon Collin, University of Bristol School of Social and Community Medicine, autore principale dello studio.

Una sindrome diffusa

Un nuovo report inglese su larga scala ha rivelato che quasi il 2% degli approssimativamente 14.000 partecipanti di 16 anni allo studio di lungo termine, “I bambini degli anni Novanta”, abbia una SSC che dura più di sei mesi.

Quasi il 3% ha una SSC che dura più di tre mesi.

La relazione, intitolata “Sindrome da Stanchezza Cronica all’Età di 16 Anni” (“Chronic Fatigue Syndrome at Age 16 years”), è stata pubblicata nel numero di gennaio 2016 di Pediatrics, il giornale ufficiale dell’Accademia Americana dei Pediatri.

I ricercatori hanno anche riportato che gli adolescenti con i sintomi della SSC fossero assenti da scuola più spesso dei loro compagni, con una media di più di mezza giornata di assenza dalla classe ogni settimana.

“Questa debilitante condizione ha un impatto su ogni aspetto della vita familiare. La realtà è che molti giovani perdono considerevolmente più di mezza giornata di scuola alla settimana“, afferma Sonya Chowdhury, direttrice generale di Action for ME, un gruppo di supporto con sede nel Regno Unito per persone con la SSC. “Per quelli più gravemente affetti, i loro sintomi debilitanti sono aggravati dall’isolamento e dalla perdita che si accompagna all’essere legati alla casa e/o al letto”.

La stanchezza cronica è una vera malattia

Lo studio ha scoperto che adolescenti con i sintomi della SSC avessero più probabilità di avere madri che mancassero di supporto pratico ed emotivo, e avessero più probabilità di provenire da famiglie che avevano affrontato difficoltà economiche – una distinzione importante, considerando nozioni di vecchia data che hanno erroneamente collegato la malattia con la ricchezza data la sua elevata prevalenza tra giovani impiegati.

Sebbene l’insieme dei sintomi sia stato identificato come malattia dai Centri per il Controllo della Malattia nel 1988, il dubbio è stato fomentato dagli scettici che vi hanno posto dei soprannomi come “febbre da yuppie” e “sindrome dello scansafatiche“.

L’associazione negativa con la parola “stanchezza” peggiora soltanto i malintesi che circondano i disturbi, afferma Eisenstadt. Ed è solo una delle ragioni dietro lo spostamento verso l’uso del termine encefalomielite mialgica – o EM – al posto di sindrome da stanchezza cronica.

“La mancanza di comprensione su quello che stava realmente accadendo è stata uguale a quando l’AIDS comparve per la prima volta sulla scena”, afferma. “Nessuno aveva realmente una soluzione, quindi non c’era molto per andare avanti nella ricerca di rimedi.

Non solo ero intrappolata dentro il mio stesso corpo di limitazioni, ma avevo anche la costante frustrazione di sentirmi inascoltata”.

Eisenstadt non è sola. Secondo l’Istituto di Medicina, si ritiene che la malattia colpisca tra gli 836.000 e i 2,5 milioni di americani, così come molti di più che potrebbero rimanere senza diagnosi. Meno della metà degli odierni testi di medicina includono informazioni sulla SSC, e solo un terzo dei curriculum delle facoltà di medicina.

Una malattia debilitante

“La SSC è un malattia molto debilitante, che ha un enorme impatto sulle vite dei bambini e delle loro famiglie”, afferma Simon Collin, autore principale del recente studio inglese. “E i risultati del nostro studio sottolineano la necessità di ulteriori ricerche sulle cause, e su cure progredite per la SSC pediatrica”.

Eisenstadt, che attualmente lavora come fisioterapista, trova incoraggiamento nell’aumentata consapevolezza circa la malattia, e le potenziali cure per renderla più sopportabile.

“Ho imparato ad essere paziente, e tutti gli stati emotivi attraverso i quali passiamo quando siamo malati e nella disperazione, e come ci si senta a stare di nuovo bene”, afferma Eisenstadt. La ragazza ha optato per terapie a base di vitamine, erbe medicinali e basate sulle emozioni. “Quando parlo ai miei pazienti sull’avere speranza, e sul non arrendersi, sul comprendere la condizione temporanea in cui si trovano, sto parlando per esperienza diretta”.