La valeriana, conosciuta ed utilizzata fin da tempi immemori, è una potente alleata contro la stanchezza fisica e mentale.
La radice del suo nome è comune a quella del termine latino “valetudo, -inis”, che significa “salute”, pertanto essa era, nell’antichità, l’erba del benessere per antonomasia. Di questa pianta dalle rigogliose infiorescenze, con boccioli rosa intenso tendenti al bianco una volta dischiusi i suoi cinque petali, si usano principalmente la radice ed il rizoma, impiegati in ambito fitoterapico per tisane, estratti titolati in compresse, capsule, soluzioni alcooliche, essenze per massaggi ed aromaterapia.
Le due parti officinali si possono utilizzare a partire dal quarto anno dall’inizio della coltivazione, mentre dalla seconda fioritura in poi si estraggono i semi, indispensabili per la germogliazione in altre aree. A causa del suo odore caratteristico non sempre gradito a grandi e piccini, in passato era conosciuta come “erba dei gatti”, per la sua capacità di attrarre in maniera irresistibile questi animali ed i felini in genere.
Dall’azione ad ampio spettro nei confronti della stanchezza in tutte le sue forme, la valeriana distende la muscolatura in caso di tensioni emotive e di crampi, rilassa, concilia il sonno, infonde tranquillità. Agendo sui recettori delle benzodiazepine, riduce i risvegli notturni e il tempo che occorre per passare dallo stato di veglia a quello di sonno. Ma i benefici non si fermano qui: non influendo negativamente con le terapie farmacologiche a base di ansiolitici e di antidepressivi, è un ottimo coadiuvante durante i periodi di progressiva diminuzione dei dosaggi di psicofarmaci, da cui traggono giovamento anche persone con disturbi dell’umore e con disordini alimentari.
Ovviamente, per conoscere i quantitativi ottimali in questi casi particolari, occorre seguire le indicazioni del medico curante. Per le sue proprietà miorilassanti, la radice trova altre svariate indicazioni: si utilizza anche in caso di emicrania e di cefalea scatenata da attacchi di cervicalgia, così come per i crampi mestruali e per gli stati di tensione muscolare associati alla sensazione di inquietudine che caratterizza la menopausa. Al contrario di altre piante officinali come il tiglio e la camomilla, la valeriana garantisce la massima efficacia senza provocare sonnolenza, tanto da trovare impiego perfino in caso di neuro-astenia (nota anche come “esaurimento” o “nevrastenia”) e di frequenti o protratti stati di agitazione diurni, in quanto riequilibra il sistema nervoso centrale.
Il suo consumo non è limitato al mondo degli adulti, ma si estende anche all’universo infantile, soprattutto tra i bambini iperattivi; l’unico limite risiede nelle sue note olfattive pungenti, il più delle volte non gradite ai piccini, ma basta aggiungere un dolcificante o addizionare la valeriana ad una bevanda per un’assunzione agevole. In tutto il mondo, si usa in varie forme: radici e rizoma trovano impiego negli infusi e nei decotti, nei preparati fitoterapici in compresse e in capsule e come soluzione alcoolica.
Da non trascurare la sua azione anche come olio essenziale, da miscelare a quello di mandarino o al neroli per diffondere un aroma piacevole. Le razioni giornaliere raccomandate sono di un paio di tazze per le tisane, massimo due pastiglie o due misurini da 35-40 gocce cadauno al giorno, da distribuire ad intervalli di dodici ore, preferibilmente lontano dai pasti. In aromaterapia ne bastano quantità veramente esigue. Un altro fattore da considerare è il periodo della giornata nel quale ricorrere a questi prodotti, che dipende soprattutto dalle finalità di utilizzo: nel contrastare gli effetti della stanchezza fisica diurna e per avere i nervi più distesi durante la giornata, è consigliabile una dose al mattino o entro l’ora di pranzo.
Quando il suo consumo mira a conciliare il riposo notturno, è preferibile limitarsi ad un’unica assunzione un paio d’ore prima di andare a dormire, evitando accuratamente quella prevista durante le ore di luce. Per concludere, è fondamentale ricordare che “naturale” non significa poter eccedere: nausea, vomito ed esacerbazione dei sintomi di partenza sono solo alcune fastidiose conseguenze nell’ipotesi di sovradosaggio.
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