I disturbi alimentari, tra cui l’anoressia, sono un problema ancora troppo diffuso, soprattutto nei Paesi occidentali in cui la magrezza è considerata sinonimo di bellezza.
Ma a soffrire di questa patologia non sono solo le giovanissime. Si pensa che l’anoressia sia un problema esclusivamente delle adolescenti e delle giovani donne che si preoccupano troppo del proprio aspetto estetico, ma non è così. Ci sono anche casi di uomini anoressici, anche se in misura minore rispetto alle femmine. E anche donne ormai uscite dall’adolescenza possono dover fare i conti con questa malattia. Infatti, i disturbi alimentari nascono sempre da un profondo disagio psicologico, che può colpire a ogni età o può trascinarsi per decenni, ben oltre l’adolescenza.
La storia di Bridget ne è un esempio.
Mi chiamo Bridget. Sono una donna di 32 anni, sposata con tre figli, e ho l’anoressia nervosa.
Ho sofferto di questa malattia per circa 18 anni. Ha avuto inizio molto innocentemente e nel corso degli anni progressivamente è peggiorata.
Molto tempo fa, da ragazza, avevo un’immagine positiva di me stessa. Ci sono stati molti eventi nella mia vita che mi hanno portato a cambiare quell’immagine da positiva a negativa e da degna a indegna.
Non c’è un evento specifico a cui posso attribuire la causa principale della mia malattia. Diversi eventi hanno lasciato il segno:
Questa è solo una piccola lista. Sento che nella mia vita oscura, privata e suicida a causa dell’anoressia, tutti hanno svolto un ruolo di rilievo nel portare alla fine del “sé”.
Nel 1997, entravo e uscivo dagli uffici dei medici per una serie di sintomi diversi legati ai comportamenti causati da disturbi dell’alimentazione. Quando non mi si dava più quello di cui avevo bisogno per sentirmi a mio agio, o se menzionavano la mia perdita di peso, cambiavo medico.
Il 2 novembre 1999, ho iniziato ad avere intorpidimento e formicolio sul lato sinistro del mio corpo. Le mie braccia e le mie gambe si stavano contraendo, e alla fine sono crollata.
Sono stata ricoverata per ipopotassiemia (basso contenuto di potassio) e grave malnutrizione. È stato allora che mi è stata diagnosticata ufficialmente l’anoressia nervosa. Sono rimasta ricoverata in ospedale per 27 giorni mentre cercavano di stabilizzare la mia condizione.
Poi sono andata in una clinica per disturbi dell’alimentazione, in Arizona, dove per tre mesi sono stata sottoposta a terapia intensiva. Mentre ero lì le mie condizioni mediche migliorarono. Avevo guadagnato peso e mi sentivo bene fisicamente, ma al termine dal programma, ancora non mi sentivo bene emotivamente.
A metà del 2000, la mia malattia era di nuovo al suo culmine. Partecipavo a un programma con degenza periodica per combattere la depressione, a causa del mio desiderio di suicidarmi. La terapia ricevuta era in conseguenza allo stato del mio disturbo dell’alimentazione e della depressione.
Il gennaio successivo, il team era così preoccupato per la mia vita da indirizzarmi in una clinica a Laguna Beach, in California, specializzata in disturbi dell’alimentazione.
Il motivo per cui scrivo ora in merito, è perché voglio che altri come me, che lottano con l’anoressia nervosa o altre forme di autolesionismo, sappiano che c’è sempre speranza. Certamente non muore mai.