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L’anemia sideropenica è meglio conosciuta come anemia da carenza di ferro. E’ una riduzione della quantità di emoglobina nel sangue al di sotto dei valori normali. Un disturbo clinico molto comune, che interessa circa un quarto della popolazione mondiale.
Ma come si manifesta l’anemia sideropenica? Ecco le cause e la cura.
Anemia sideropenica: i sintomi
L’anemia da carenza di ferro è la condizione per la quale mancano adeguati livelli di ferro nell’organismo e ciò compromette il trasporto di ossigeno attraverso il sangue provocando, tra l’altro, stanchezza e fiato corto.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha stimato che 600-700 milioni di persone al mondo hanno carenze di ferro, rendendo questo il più diffuso problema nutrizionale, soprattutto nei paesi in via di sviluppo.
Il ferro è un minerale fondamentale per alcune funzioni biologiche, tra le quali la formazione dell’emoglobina. Quando c’è una mancanza di ferro, provocata da uno scarso apporto con l’alimentazione, oppure da problemi nell’assorbimento o ancora, da perdite ematiche, la produzione di emoglobina (ossia la sostanza responsabile del trasporto, attraverso la circolazione, di ossigeno ai tessuti) è insufficiente e questo determina una scarsa circolazione di ossigeno attraverso l’organismo.
Questi i sintomi più comuni dell’anemia sideropenica:
Pallore, debolezza e sensazione di spossatezza, palpitazioni, mancanza di fiato, cefalea, resistenza psico-fisica ridotta, facilità di affaticamento, ma possono essere presenti anche lesioni della cute e fragilità delle unghie.
La carenza di ferro diminuisce l’ossigenazione dei tessuti e ha un effetto anche su alcune funzioni psichiche, che vengono significativamente ridotte. Il motivo è che questo minerale agisce direttamente sui neurotrasmettitori cerebrali. Se carente riduce i livelli di dopamina, essenziale per le funzioni cognitive, e la velocità di pensiero e ragionamento.
Anemia sideropenica: le cause e la cura
Le cause della mancanza di ferro ossia, l’anemia sideropenica, possono essere diverse. Ecco le più plausibili:
Scarso assorbimento: in alcuni casi possono esserci difetti del metabolismo che non consentono di assorbire a sufficienza il ferro introdotto con l’alimentazione. Questo accade, ad esempio, in presenza di malattie intestinali croniche (colite ulcerosa e morbo di Crohn) o di celiachia, diverticoli, tumori del colon e dello stomaco.
Scarso apporto nell’alimentazione: chi porta avanti diete che non contemplano l’assunzione di carne, fonte principale di ferro (come diete vegane e vegetariane), può avere situazioni di ridotto assorbimento a causa di una minore biodisponibilità di ferro.
Emorragie e sanguinamenti: la perdita di sangue, anche se non evidente o interna, può comportare una riduzione dei livelli di ferro. Ciò si verifica di frequente nelle donne in età fertile, durante le mestruazioni.
Gravidanza e allattamento, la cui richiesta di maggiore fabbisogno potrebbe non essere adeguatamente compensata dalla dieta.
Interventi chirurgici: gli interventi che hanno determinato l’asportazione o il bypass di parti del tubo intestinale possono ridurre la capacità di assorbimento del ferro.
La cura dell’anemia sideropenica
Il trattamento della carenza di ferro e dell’anemia ha come obiettivo l’apporto di quantitativi sufficienti di ferro, per normalizzare e mantenere livelli di emoglobina, stimolando una corretta eritropoiesi e ricostituendo le riserve di ferro nell’organismo.
Ciò prevede la somministrazione di sali ferrosi per bocca, lontano dai pasti. Nelle gastriti atrofiche si somministra solfato ferroso, che non necessita di acido cloridrico per essere assorbito.
Gli effetti collaterali di questi farmaci antianemici sono abbastanza frequenti e consistono in turbe digestive come bruciori di stomaco, crampi addominali e diarrea. In questi casi, basta semplicemente diminuire temporaneamente il dosaggio per dar modo al soggetto di adattarsi al farmaco.
La risposta alla terapia deve sempre essere monitorata, iniziando con una conta reticolocitaria che, già in quinta-settima giornata, deve mostrare un aumento dei reticolociti.
Ad eccezione di quei pazienti con una perdita di ferro cospicua e continua, la correzione dello stato anemico può essere raggiunta in circa 2 mesi.
Una volta corretta l’anemia, si deve continuare la terapia per altri 6 mesi, allo scopo di ripristinare le riserve del ferro. Quanto alle lesioni epiteliali, quelle riguardanti le unghie e la lingua si risolvono entro 3-6 mesi, ma già dopo 2 settimane si osservano segni di miglioramento.