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La colestasi intraepatica familiare progressiva (PFIC) è una delle rare malattie colestatiche causate da un difetto del trasporto degli acidi biliari nella bile. Si tratta di una delle patologie autosomiche recessive dell’infanzia, essa compromette la formazione della bile e si manifesta quindi con colestasi di origine epatocellulare.
Cos’è la colestasi intraepatica familiare progressiva
La colestasi intraepatica familiare progressiva è una malattia genetica del fegato caratterizzata dalla diminuzione del flusso di bile dal fegato fino all’intestino. All’interno della bile vi sono gli acidi biliari, essenziali per sciogliere i grassi assunti durante l’alimentazione, essi vengono dunque rilasciati all’interno dell’intestino per permettere la nostra digestione e quindi l’assorbimento delle sostanze nutrienti necessarie. Questo è proprio ciò che non avviene nel corpo del paziente affetto da colestasi intraepatica familiare progressiva: il flusso biliare dal fegato all’intestino è interrotto a causa di un difetto genetico. In questi casi la bile rimane nel fegato intossicandolo e compromettendone le funzioni al punto tale che è necessario ricorrere ad un trapianto di organo.
Quali sono i sintomi della colestasi intraepatica familiare progressiva
I sintomi più frequenti relativi alla colestasi intraepatica familiare progressiva sono quelli classici dei problemi al fegato: ittero e prurito. Il non essere in grado di eliminare gli acidi biliari potrà anche portare al malassorbimento del grasso, nonché problemi di sviluppo e carenza di vitamine A, D E e K. Questa malattia ha un periodo di tempo nel quale può manifestarsi parecchio ampio: dai primi mesi di vita fino all’adolescenza. La sua conseguenza più importante è appunto quella della colestasi, l’arresto del flusso di bile che si riversa nel fegato. Solitamente i pazienti sviluppano anche fibrosi e insufficienza epatica prima di arrivare all’età adulta.
Come si trasmette la colestasi intraepatica familiare progressiva
Come si intuisce dal nome, questa è una malattia ereditaria, essa si trasmette con modalità autosomica recessiva, ovvero: in una coppia con entrambi i genitori portatori sani di mutazione, ogni gravidanza avrà il rischio del 25% di generare figlio affetto, 50% di generare un figlio portatore sano, e 25% di generare figlio sani e non portatori. Sono 3 i tipi di colestasi: quella di tipo 1 è dovuta a difetti nel gene ATP8B1, quella di tipo 2 a mutazioni del gene ABCB11 e quella di tipo 3 a mutazioni del gene ABCB4 (chiamato anche MDR3).
Come si arriva ad una diagnosi di colestasi intraepatica familiare progressiva e come si cura
La diagnosi di questa malattia può essere fatta osservando le manifestazioni cliniche, ovvero i dati funzionali epatici bioumorali, esami strumentali (ecografia epatica, colangiografia) e analisi istologica. Se si ha il sospetto di avere questa malattia, basta fare un’analisi genetica alla ricerca di mutazioni nei geni coinvolti. In ogni caso è possibile avere una diagnosi prenatale per capire se il bimbo potrà o meno sviluppare questa malattia.
Per curare questa malattia genetica la maggior parte dei pazienti si affida ad un trapianto di fegato. Nel caso non fosse possibile o i tempi siano particolarmente lunghi, è possibile rallentare il danno epatico somministrando acido ursodesossicolico, o intraprendere altre terapie farmacologiche. Per alcuni pazienti poi, la diversione biliare può in qualche modo alleviare il fastidioso prurito.