(Adnkronos) – Sono passati cinque anni da quando l'allora presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, annunciò agli italiani il lockdown contro il Covid-19. "Un provvedimento che potrei definire così: #iorestoacasa", sottolineò in quei giorni difficili il premier. "Le nostre abitudini vanno cambiate ora: dobbiamo rinunciare tutti a qualcosa per il bene dell'Italia". Sono passati cinque anni da allora e la pandemia Covid è ormai un ricordo, un rumore di fondo sovrastato questo inverno dall'influenza. L'ultimo bollettino settimanale ieri ha registrato 485 casi e 17 morti nell'ultima settimana, da mesi in calo. Dal giorno del lockdown fino alle prime riaperture della seconda fase dell'emergenza, la vita degli italiani era scandita dai Dpcm e da nuove regole da seguire per evitare la diffusione del Sars-CoV-2. Provvedimenti varati dal Governo ma supportati dal Comitato tecnico scientifico. "Io sono stato sempre abbastanza critico non tanto sul fatto di aver chiuso in quel momento l'Italia, perché allora era l'unica soluzione, ma per avere mantenuto il lockdown per troppo tempo – spiega all'Adnkronos l'infettivologo Matteo Bassetti – Il problema non fu all'inizio, ci siamo svegliati con un virus nuovo che faceva casi e vittime e si doveva intervenire, ma dopo in una fase successiva dell'emergenza si è continuato con le chiusure e obblighi, come la Dad per le scuole o le mascherine sempre o dove mangiare e a che ora, sono state esagerate. Il 9 marzo però il lockdown era l'unica cosa da fare, il giudizio sui primi tre mesi deve vederci concordi perché alcune scelte impopolari andavano prese. Sul dopo invece alcune decisioni non sono state corrette. Questo doveva essere il compito della Commissione parlamentare d'inchiesta e non altro". Il virologo Roberto Burioni su X ha ricordato come "senza lockdown tutti gli ospedali sarebbero andati in tilt e avremmo cominciato a contare non solo i morti di Covid, ma anche di infarto, ictus e altre malattie curabili. Sarebbe stata una catastrofe senza precedenti per il nostro Paese". Dopo 5 anni, "abbiamo imparato ad avere più attenzione su quello che succede nel mondo, qualunque focolaio epidemico oggi ci interessa e lo sorvegliamo. In termini di Global Health oggi siamo più bravi. Mentre ripensando a marzo 2020, il lockdown è stato fatto perché non c'erano le mascherine, una restrizione inevitabile. Tutte queste decisioni si sono basate su un calcolo dell'Rt completamente sbagliato, abbiamo mischiato alcune analisi e l'Rt è stato calcolato male. Ma proprio su quei dati abbiamo preso molte decisioni. Il punto è che nel primo Cts non è stato dato il giusto peso a statistici ed epidemiologi che avrebbero fatto un calcolo dell'Rt corretto, mentre ci siamo trovati con una sovrastimato o sottostimato. La lezione spero sia stata imparata", ha spiegato l'epidemiologo Massimo Ciccozzi. "Sono passati 5 anni ma la pandemia è ancora 'dentro' di noi, ha modificato la vita di tutti noi, rivedendola oggi fu un momento in cui noi tutti non sapevamo che cosa avremmo fatto – avverte l'infettivologo Massimo Andreoni, direttore scientifico della Simit – Ricordiamoci che per una settimana incontrare una persona asiatica per strada creava preoccupazione. Il lockdown è stato un evento drammatico che ha modificato la vita di noi tutti ma ci ha dato sicurezza in quei giorni difficili. Sapere che come cittadini eravamo protetti perché ognuno doveva stare in casa propria ci ha permesso di rassicurarci che si saremmo salvati. La scienza – conclude ha dimostrato come il lockdown è fondamentale per bloccare una pandemia oggi come nel 1300 per la peste, ha controllato anche una situazione severa come quella in Cina con le grandi megalopoli". (di Francesco Maggi) —[email protected] (Web Info)