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In che modo il covid ha inciso sullo spreco alimentare? In seguito ai lockdown determinati dalla pandemia, il nostro rapporto col cibo è cambiato in maniera positiva. Vediamo insieme alcuni dati.
Covid e spreco alimentare: una svolta positiva
Il report di Waste Watcher International Observatory on Food and Sustainability, su rilevazione Ipsos, afferma che in Italia, in seguito al covid, lo spreco alimentare è calato. Nel 2020, infatti, sono 5,2 milioni le tonnellate di alimenti finiti nella spazzatura. Questa cifra è la somma di ciò che si getta tra le mura domestiche e ciò che viene scartato dalla filiera, per un valore totale di circa 9,7 miliardi di euro. Di questi, 6 miliardi e 403 milioni rappresentano lo spreco alimentare domestico nazionale, mentre 3,2 miliardi di euro sono le perdite in campo e lo spreco nel commercio e distribuzione.
I dati
Lo studio afferma che in media gettiamo 1 kg di pane all’anno, mentre la frutta e la verdura sono i cibi più sprecati: ne vengono gettati circa 2 kg ogni anno per persona. Con il covid, le nostre abitudini quotidiane si sono modificate: lo spreco alimentare si è ridotto maggiormente nel nord Italia, mentre le maggiori perdite si registrano al Sud e nei piccoli centri abitati. Le grandi città, quindi, si son rivelate più virtuose rispetto ai piccoli comuni. Inoltre, i single sono più attenti agli sprechi alimentari rispetto alle famiglie con figli.
Nuove abitudini
Il covid ci ha costretto in casa per lungo tempo e ha contribuito non solo al taglio dello spreco alimentare, ma anche ad un cambio delle nostre abitudini quotidiane. Il 53% degli italiani, infatti, si porta il pranzo da casa, spesso recuperando gli avanzi della sera prima.
La pandemia, inoltre, ci ha costretto a ridurre al minimo i contatti per evitare il contagio, spingendo così le persone a mangiare in solitudine sul luogo di lavoro, consumando il cibo cucinato a casa.
Lo spreco alimentare si è ridotto anche perché il 27% degli intervistati va a casa a mangiare, mentre un 2% si fa consegnare il cibo direttamente in ufficio e un ulteriore 5% va a prenderlo d’asporto. Solo il 4% delle persone approfitta della mensa aziendale, mentre il 9% si reca nei bar e ristoranti nelle regioni in cui sono ancora aperti.
Lo studio ha inoltre evidenziato come il 41% degli italiani privilegi l’acquisto periodico di prodotti a lunga scadenza ed eviti di comprare cibo in eccesso. Le persone, inoltre, comprano più spesso alimenti freschi, come frutta e verdura, proprio per evitare che vadano a male. Il 39% si concentra nell’organizzazione di frigorifero e dispensa, il 37% sceglie di acquistare prodotti in piccolo formato, mentre il 36% stila la lista della spesa basandosi sul menu settimanale. Infine, l’87% non si formalizza sulla scadenza e, se il cibo è conservato bene, lo consuma anche 24 ore dopo il suo teorico deperimento.
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Un problema etico?
Il covid ha cambiato le nostre abitudini di vita quotidiana, evidenziando che è possibile evitare gli sprechi alimentari. Non si tratta solo di un problema di natura economica ed ambientale ma anche etica. In seguito alla pandemia, infatti, sono quasi raddoppiate le persone che si rivolgono ad enti di carità per ricevere aiuto alimentare, passando da 1,5 a 2,2 milioni.
In molti si augurano che le nuove tecnologie aiutino a creare confezioni che garantiscano una lunga conservazione degli alimenti, contribuendo a creare così una vita più ecosostenibile ed etica.