La variante sudafricana del Covid-19 è conosciuta con la sigla 501.V2 ed è caratterizzata da una carica virale particolarmente alta che aumenta di molto il riscio di contagio. Questa mutazione è stata rilevata in quasi 200 campioni raccolti da oltre 50 diverse strutture sanitarie del Sudafrica. Proprio nel continente afircano è stato identificato per la prima volta, precisamente è stato al Nelson Mandela Bay che gli scienziati hanno scoperto questa nuova variante del virus SARS-CoV-2.
Cos’è la variante sudafricana del Covid?
La variante sudafricana e la variante inglese sono nate sepraratemente, ma entrambe presentano la medesima nella proteina Spike. Ricordiamo che questa proteina è quelle che il virus impiega per attaccare le cellule presenti nel corpo umano. Entrambe le mutazioni, nonostante le origini differenti, hanno un’enorme carica virale. Il tasso di trasmissione potrebbe arrivare a crescere addirittura del 70% rispetto al ceppo originario del Coronavirus.
Gli studi svolti fino a questo momento hanno escluso che il ceppo sudafricano possa essere più pericoloso, infatti sembra che chi viene contagato da questa variante non abbia sintomi più gravi. Ricordiamo che le mutazioni del virus SARS-CoV-2 sono milioni in quanto trattandosi di un virus pandemico le variazioni si moltiplicano milioni di volte e non solo nell’uomo. Il Covid-19 infatti può infettare anche mammiferi e poi tornare all’uomo in forme diverse.
L’efficacia del vaccino anti-Covid non sembra essere minata dalle numerose varianti in circolazione. Infatti, i vaccini progettati fino a questo momento non dovrebbero avere difficoltà per questo tipo di mutazioni. Le case farmaceutiche stanno comunque facendo numerosi studi e test di controllo. In alcuni studi preliminari, la University of Texas Medical Branch è stata in grado di dimostrare che gli anticorpi che neutralizzano il ceppo più comune del virus sono stati in grado anche di neutralizzare i ceppi che presentano le mutazioni più conosciute.