La depressione è la “malattia debilitante” più diffusa: basti pensare che più di 300 milioni di persone ogni giorno lottano con questa patologia. Proprio per questo motivo, la ricerca si concentra sullo studio dei meccanismi genetici e neurologici alla base della depressione.
Depressione: gli studi di settore
Per esempio, uno studio ha rilevato un legame tra alcuni loci genici e il rischio maggiore di sviluppare la malattia. Altri ricercatori, invece, hanno scoperto che le aree cerebrali collegate con la ricompensa e l’elaborazione della memoria sono diverse in coloro che soffrono di depressione. E ancora, uno studio del 2015 ha scoperto che una variante di un gene codificante per proteine noto come Sirtuin1 (SIRT1) è correlata a un rischio molto più elevato di sviluppare la depressione.
Ora, da una nuova ricerca è emerso che l’attivazione diretta di questo gene nella corteccia prefrontale – un’area cerebrale che associamo al pensiero complesso e alla pianificazione di risposte socialmente appropriate – può invertire i sintomi della depressione nei topi maschi. L’autore dello studio, pubblicato sulla rivista Molecular Psychiatry, è il neuroscienziato molecolare comportamentale e farmacologo Xin-Yun Lu, Ph.D., docente presso il Dipartimento di Neuroscienze e Medicina Rigenerativa presso il Medical College of Georgia dell’Università di Augusta.
Invertire la depressione: l’esperimento sui topi
Per testare l’impatto di un farmaco che attiva il SIRT1 nei topi depressi, il Prof. Lu e il suo team hanno eliminato il gene SIRT1 nei roditori maschi ed esaminato la loro reazione a una bevanda dolce che di solito preferiscono fortemente.
I ricercatori hanno scoperto che l’eliminazione del gene ha ridotto il numero di mitocondri nei neuroni eccitatori e diminuito la loro eccitazione. I mitocondri sono le cosiddette centrali elettriche della cellula, cioè piccoli organelli all’interno delle cellule che trasformano i nutrienti in energia. I neuroni eccitanti riducono la loro attività in caso di depressione e non comunicano tra loro correttamente: sembrano “scollegati” tra loro.
I ricercatori hanno indotto la depressione nei roditori sottoponendoli a episodi di “stress cronico intermittente“. Lo hanno fatto tenendo i topi rinchiusi per 2 ore, pizzicando loro la coda per 15 minuti, esponendoli alla luce per 24 ore di seguito, o inclinando le gabbie. Hanno anche sottoposto i topi a piccole scosse elettriche di 10 minuti e all’isolamento sociale.
Come risultato dello stress cronico, i roditori maschi privati del gene SIRT1 hanno perso interesse per la dolce soluzione che di solito preferiscono – un sintomo che gli scienziati considerano l’equivalente dell’anedonia negli esseri umani depressi. L’anedonia è l’incapacità di provare piacere, anche in circostanze e attività normalmente piacevoli come dormire, mangiare, avere rapporti sessuali e relazioni sociali.
Tuttavia, quando i ricercatori hanno iniettato nella corteccia prefrontale dei roditori maschi un attivatore di SIRT1 chiamato SRT2104, hanno invertito questi sintomi. Il farmaco ha avuto quindi un effetto “antidepressivo”.
I risultati, dunque, suggeriscono che il SIRT1 nei neuroni eccitatori mediali della corteccia prefrontale svolge una funzione fondamentale, sia per i neuroni sia per la trasmissione sinaptica. Inoltre, questo gene è in grado di regolare i comportamenti depressivi. Il Prof. Lu intende ora esaminare i farmaci esistenti e vedere se qualcuno di essi influenza il SIRT1 in modo simile all’attivatore utilizzato in questa ricerca. Gli scienziati teorizzano che un giorno potremmo usare gli attivatori SIRT1 come trattamento principale per la depressione.