(Adnkronos) – "Attraverso la ricerca abbiamo sviluppato l'anticorpo monoclonale mepolizumab, diretto contro l'interleuchina-5, che ha dimostrato la sua efficacia clinica in quattro differenti patologie: l'asma eosinofilico severo, la rinosinusite cronica con poliposi nasale, la granulomatosi eosinofila con poliangite e la sindrome ipereosinofila. Ad accomunare queste quattro patologie è un'alterazione della funzione degli eosinofili, target che con mepolizumab possiamo controllare, avendo quindi efficacia clinica". Lo ha detto Elisabetta Campagnoli, Specialty Medical Head di Gsk, in occasione della conferenza stampa promossa da Gsk oggi a Milano, durante la quale è stato presentato lo studio condotto da un team multidisciplinare composto da immunologi e otorini dell'ospedale Careggi di Firenze, che ha investigato il ruolo degli eosinofili infiammatori nella severità clinica dell'asma grave eosinofilico e l'efficacia dell'anticorpo monoclonale mepolizumab come equilibrante. Lo studio, pubblicato dalla rivista 'Allergy', ha rilevato infatti che il trattamento con l'anticorpo monoclonale mepolizumab ripristina il bilanciamento fisiologico fra i sotto fenotipi di eosinofili, riportando i livelli di eosinofili 'buoni' e 'cattivi' a quelli osservati nei soggetti sani, spiegando così come il farmaco possa consentire di controllare una patologia così severa ed impattante. "Le patologie respiratorie sono un campo nel quale Gsk ha sempre investito in ricerca. In particolare – illustra Campagnoli – negli ultimi anni c'è stata un'evoluzione, con investimenti in una ricerca volta alla conoscenza delle patologie e dei meccanismi patologici attraverso i quali nascono i sintomi e le patologie stesse. Nei nostri studi clinici e registrativi abbiamo sempre valutato l'impatto sulla qualità di vita dei pazienti. Anche negli studi di pratica clinica, che stanno iniziando ad emergere, lo scopo è valutare l'impatto sul sintomo e, quindi, permettere ai nostri pazienti di avere una qualità di vita migliore. La nostra pipeline è sempre volta all'innovazione e a capire quali possono essere i prossimi passi. Quello più vicino a noi, temporalmente parlando, è un farmaco 'long acting' che ha un meccanismo d'azione simile al mepolizumab, ma che può avere il vantaggio, qualora i risultati siano positivi, di avere una somministrazione ogni sei mesi. Ciò risponderebbe al bisogno di migliorare la qualità di vita dei nostri pazienti e la sostenibilità di tutto il sistema". —[email protected] (Web Info)