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C’è un disperato bisogno di trovare una cura per il disturbo post-traumatico da stress (DPTS). Si tratta una manifestazione di un trauma fisico in persone che hanno sperimentato la guerra, l’abuso e altri eventi strazianti. Negli USA, circa l’8% della popolazione soffre di questo disturbo nel corso della propria vita, secondo l’US Department of Veterans Affairs. E se disponessimo già di una medicina terapeutica per curare questo trauma, ma non fosse disponibile perché categorizzata come una delle droghe più pericolose? Si tratta di MDMA.
Curare con l’MDMA
Chi la utilizza la chiama anche ecstasy ed è una droga sintetica e psicoattiva. Se le ricerche dovessero mostrare risultati entro i prossimi 5 anni, la US Food and Drugs Administration (FDA) potrebbe approvarla per trattamenti terapeutici. La Multidisciplinary Association for Psychedelic Studies (MAPS) sta studiando da anni questa terapia. Ora il gruppo sta pianificando insieme alla FDA di entrare nella terza (e finale) fase di prove cliniche.
MAPS è un’organizzazione no profit che sviluppa modi per trarre vantaggi da droghe come MDMA. Per alleviare i sintomi del DPTS il gruppo sta cercando di combinare la terapia verbale con le medicazioni. Poiché il brevetto sulla MDMA è scaduto, le compagnie farmaceutiche non sono così interessate a queste possibilità. Quindi, per portare avanti le ricerche, la MAPS ha bisogno di raccogliere fondi (circa 20 milioni di dollari) per completare le prove. Un grammo di MDMA medica può costare fino a 170 dollari.
Ecstasy e psicoterapia
Chiariamo una cosa, però. MDMA assiste la psicoterapia. I pazienti non prenderebbero le pillole come antidolorifici. Infatti, è somministrata solo un paio di volte durante il trattamento. Prima che MDMA entri in gioco, medico e paziente fanno qualche sessione per conoscersi. In seguito fanno qualche sessione con MDMA, durante le quali i terapisti monitorano anche i segni vitali del paziente mentre parla dell’evento traumatico.
Gli esperti dicono che la droga diminuisce la paura e permette di parlare apertamente del trauma. Un piccolo studio precedente della MAPS ha scoperto che l’83% dei 20 partecipanti non mostrava più segni di DPTS due mesi dopo il trattamento. Visite di quattro anni successive hanno mostrato che i benefici durano.
MAPS non è sola in questa ricerca. Molti studi simili sono stati fatti in Canada, Israele, Spagna e Svizzera. Tutti puntano a curare le persone che non rispondo alle normali cure per il DPTS. A marzo la MAPS ha annunciato che la fase due delle prove cliniche è terminata. La fase tre riguarderà un gran numero di persone, per decidere se MDMA può essere usata in modo sicuro. Inizierà nel 2017 e potrebbe portare all’approvazione del trattamento nel 2021.
I dubbi
Naturalmente sono molti i dubbi riguardo una terapia così poco convenzionale. È necessaria un’attenta sorveglianza da parte del medico, per evitare che la cura sfoci in abuso di MDMA. Non è infrequente che chi è reduce da un trauma si rifugi in dipendenze di vario tipo. Quindi è una situazione delicata da gestire con la massima professionalità.