Il morbo di Parkinson colpisce circa mezzo milione di persone in Italia e, a causa del progressivo invecchiamento della popolazione, questo numero è destinato ad aumentare.
Le terapie in uso
Attualmente, la terapia più comune per contrastare gli effetti di questa patologia utilizza il farmaco levodopa per stimolare la produzione di dopamina in alcuni neuroni associati alle capacità motorie. Tuttavia, la levodopa ha una vasta gamma di effetti collaterali, da quelli fisiologici a quelli psicologici. Inoltre, nel lungo termine, i benefici dei farmaci che regolano la dopamina si riducono. Per questo motivo, è fondamentale che gli scienziati elaborino strategie più efficaci per riparare i danni cerebrali causati dal morbo di Parkinson.
Una nuova ricerca, pubblicata sul Journal of Parkinson’s Disease, valuta il potenziale della terapia con cellule staminali per il trattamento di questa malattia neurodegenerativa. Lo studio nasce dalla constatazione che servono terapie migliori per aiutare le persone affette dal morbo di Parkinson, dal momento che il numero di malati aumenta e non c’è ancora una cura effettiva.
Morbo di Parkinson e cellule staminali: le sfide
Lo studio prende in esame l’evoluzione della terapia con cellule staminali e i suoi usi per sostituire i neuroni danneggiati dal morbo. In caso di successo, la possibilità di trapiantare le cellule staminali al posto delle cellule nervose poiché in grado di produrre dopamina potrebbe rappresentare una nuova cura per il Parkinson. Grazie a un singolo intervento chirurgico, i pazienti otterrebbero un trapianto che durerebbe per tutta la vita, riducendo o evitando del tutto la necessità di farmaci a base di dopamina.
In realtà, esperimenti in questa direzione sono stati effettuati già 30 anni fa, utilizzando cellule fetali ottenute dal mesencefalo di embrioni abortiti. Tuttavia, la procedura aveva sollevato delle questioni etiche, ed erano emersi effetti collaterali come il rigetto del trapianto e movimenti involontari chiamati discinesie.
Oggi, però, sarebbe possibile scongiurare questi effetti negativi. Grazie ai recenti progressi nel campo, i materiali da cui derivano le cellule staminali sono diversi e diversificati. Ad esempio, i ricercatori possono utilizzare la pelle o il sangue di una persona per raccogliere cellule pluripotenti e riprogrammarle direttamente nelle cellule neuronali. Le cellule possono anche essere riprogrammate direttamente nel cervello iniettando i geni di conversione al posto delle cellule cutanee umane.
Questa prima sperimentazione, dunque, sarebbe solo l’inizio. Continuando a studiare le cellule staminali e come ingegnerizzarle, si potrebbero infatti sviluppare trattamenti con maggiore efficacia, possibilmente utilizzando diversi tipi di cellule per trattare diversi sintomi del Parkinson come i problemi di movimento e la perdita di memoria.