Il disturbo mentale della schizofrenia potrebbe rappresentare un rischio maggiore di decesso nel caso in cui il paziente sia contagiato dal Covid-19. Leggiamo le conferme dello studio.
Schizofrenia e Covid: alto rischio
Il team di ricercatori del Langone Medical Center di New York ha svolto un’analisi su ben più di 7 mila pazienti affetti da Coronavirus, dimostrando che chi soffrisse di schizofrenia aveva manifestato un rischio di decesso maggiore – più del doppio – rispetto agli altri pazienti.
Lo studio sulla correlazione è stato condotto non solo dal team del Langone Medical Center, ma anche dall’Istituto per la Ricerca Psichiatrica di Orangeburg e dal Dipartimento di Psichiatria dell’Università Columbia. Il tutto è stato coordinato dal docente di psichiatria Donald Goff che, con i suoi ricercatori, ha analizzato 7.500 cartelle cliniche di pazienti ricoverati per Sars-CoV-2. Quello che è emerso, ha dimostrato l’alto rischio che corrono i soggetti affetti da schizofrenia quando contraggono il Covid-19.
Le cause della mortalità
Se inizialmente gli studiosi avevano collegato l’alto tasso di mortalità con altre problematiche che spesso si manifestano in questi pazienti psichiatrici – diabete, malattie cardiache, nonché vizio del fumo – presto hanno dovuto ricredersi. La ricerca ha infatti dimostrato che i pazienti affetti da schizofrenia vanno incontro ad una peggiore risposta immunitaria rispetto agli altri. Questo porterebbe ad una produzione eccessiva di citochine – generando la cosiddetta tempesta citochinica – la quale porta a infiammazione grave, provoca l’insufficienza degli altri organi, fino ad arrivare alla sindrome da distress respiratorio acuto.
Queste condizioni, insieme alla frequente obesità del paziente, al’uso di farmaci – circostanze che però non sono state prese in esame per la ricerca – possono risultare fatali.
Valutazioni conclusive
Il fattore della schizofrenia come rischio durante l’infezione da Covid è superiore rispetto al fattore del sesso maschile, dell’etnia e della presenza di malattie cardiache. Ciononostante, la ricerca deve avanzare con ulteriori indagini: per ora è servita a ricordare la vulnerabilità di questi pazienti e a quanto bisogni affidarli a cure specifiche e attente.